I glucidi sono dei composti di carbonio e acqua, e vengono classificati per il numero di zuccheri semplici presenti nella molecola in: monosaccaridi (zuccheri come glucosio e fruttosio); oligosaccaridi ( disaccaridi come il saccarosio, il lattosio e il maltosio) e polisaccaridi che contengono tre o più zuccheri semplici che polimerizzano per formare amido, fibre e glicogeno. Il glicogeno rappresenta la forma di polimerizzazione dei carboidrati più comune nei muscoli e nel fegato dei mammiferi. Si tratta di un polisaccaride di elevato peso molecolare costituito dalla polimerizzazione del glucosio sintetizzato attraverso il processo della gluconeogenesi nei tessuti.
In soggetti ben nutriti, vi sono circa 375-475 g di carboidrati immagazzinati nell'organismo. Di questa quota 325 g sono presenti nei muscoli come glicogeno, 90-110 g sono presenti come glicogeno nel fegato e circa il 5% come glucosio nel sangue. Ogni grammo di glicogeno può liberare 4 Kcal, pertanto la disponibilità calorica in termini di carboidrati nell'organismo e di 1550-2000 Kcal.
Molti fattori influenzano la velocità di scissione e le risintesi del glicogeno. Durante l'attività fisica, il glicogeno muscolare rappresenta la principale fonte di energia per le cellule muscolari. Nel fegato invece il glicogeno viene convertito a glucosio (sotto il controllo specifico dell'enzima fosfatasi) e trasportato poi nel sangue, da dove può raggiungere i muscoli. Il termine glicogenolisi descrive il processo di scissione del glicogeno con liberazione di glucosio che può rifornire di substrato energetico i muscoli che lavorano. Il fegato incrementa in maniera marcata il rilascio di glucosio, per l'utilizzo da parte del muscolo attivo, man mano che l'esercizio progredisce da un minore a un maggiore livello di intensità. Simultaneamente, il glicogeno conservato all'interno del muscolo funziona da fonte energetica glicidica principale durante le prime fasi dell'esercizio e man mano che l'intensità aumenta. Messi a confronto con il catabolismo dei grassi e delle proteine, i carboidrati rimangono il carburante essenziale durante l'esercizio aerobico ad alta intensità, in quanto capaci di fornire rapidamente ATP durante i processi ossidativi. Nello sforzo anaerobico, i carboidrati diventano l'unico produttore di ATP.
Nell'esercizio intenso, infatti, fattori neuro umorali incrementano la produzione ormonale di epinefrina, norepinefrina, e glucagone e diminuiscono il rilascio di insulina. Queste azioni stimolano l'enzima glicogeno fosforilasi ad aumentare la scissione del glucosio (glicogenolisi) nel fegato e nel muscolo attivo. Nei primi minuti dell'esercizio quando l'utilizzo dell'ossigeno non soddisfa la domanda energetica, il glicogeno conservato nei muscoli diventa la fonte principale di energia perché la fornisce in assenza di ossigeno. Man mano che la durata dell'esercizio aumenta, il glucosio ematico trasportato dal fegato aumenta il suo contributo come combustibile metabolico. Infatti, mentre il glicogeno muscolare rappresenta il substrato glucidico elettivo nella fase iniziale dell'esercizio, dopo circa 40 minuti dall'inizio di una prova di notevole intensità, il glucosio ematico (di provenienza per lo più epatica) può arrivare a sostenere fino al 75-90% del metabolismo glucidico. Un ora di esercizio ad alta intensità, infatti, può determinare una diminuzione del glicogeno epatico di circa il 55%, mentre in due ore, l'esaurimento completo del glicogeno epatico e del muscolo specificatamente esercitato. Durante l'esercizio aerobico ad alta intensità, il vantaggio che l'organismo ha dall'utilizzazione selettiva del metabolismo glucidico risiede nella maggiore velocità di trasferimento di energia che risulta essere due volte più rapido se confrontato con quello di grassi e proteine. Inoltre, rispetto ai grassi, i carboidrati sviluppano circa il 6% di energia in più per unità di ossigeno consumata.
Nell'esercizio moderato e prolungato, il glicogeno presente nel muscolo attivo è in grado di fornire gran parte dell'energia richiesta in quella fase di passaggio che va dallo stato di riposo all'inizio dell'esercizio, proprio come accade durante l'esercizio intenso. Nei successivi 20 minuti circa, il glicogeno epatico e muscolare fornisce tra il 40 e il 50% dell'energia richiesta, mentre la quota rimanente proviene dal catabolismo dei grassi (trigliceridi intramuscolari), includendo una piccola utilizzazione di proteine. La miscela di energia da nutrienti dipende dall'intensità relativa dell'esercizio submassimale. Nell'esercizio leggero i grassi rimangono il principale substrato energetico. Man mano che l'esercizio continua e le riserve di glicogeno muscolare diminuiscono, il glucosio ematico diventa il principale fornitore di energia glicidica, e ancora i grassi forniscono una maggiore percentuale di energia totale. Nelle fasi finali la concentrazione plasmatica di glucosio diminuisce perché la produzione epatica non riesce a tenere il passo con l'utilizzo da parte del muscolo e verso la fine di un' attività protratta, ilipidi possono coprire circa l'80% della richiesta energetica.
La presenza di una concentrazione ridotta di glicogeno epatico e muscolare durante l'esercizio induce l'insorgenza di fatica, nonostante la sufficiente disponibilità di ossigeno a livello muscolare e un quasi illimitato potenziale energetico da parte dei grassi di deposito. La ridotta prestazione che coincide con la deplezione del glicogeno muscolare si pensa sia dovuta all'utilizzazione del glicogeno ematico come energia per il sistema nervoso centrale, per il ruolo del glicogeno muscolare quale "innesco" nel metabolismo dei grassi e di un più lento rilascio di energia da parte dei lipidi se confrontato al catabolismo dei carboidrati. Da numerosi studi è stato dimostrato che, il muscolo allenato aerobicamente manifesta una maggiore capacità di ossidare i glucidi. Questa aumentata capacità ossidativa è stata attribuita ad una maggiore efficienza dei mitocodri e all'aumento delle riserve di glicogeno riscontrate in un muscolo ben allenato. Durante l'esercizio submassimale, tuttavia, il muscolo allenato all'endurance mostra una diminuita dipendenza dal glicogeno muscolare ed ematico come fonte energetica conservando così le limitate riserve di glicogeno dell'organismo.